L’Olympus Zuiko 200mm f/4 è un teleobiettivo progettato per il sistema reflex a pellicola Olympus OM: il sistema con cui iniziai a fotografare e del quale ho continuato ad acquistare ottiche per adattarle su fotocamere digitali. Questo 200mm è abbastanza compatto e si può comprare usato per una cifra relativamente contenuta. La costruzione e i materiali sono di buona qualità ma ci sono alcuni aspetti che non mi hanno convinto.
Prime impressioni
È uno degli obiettivi più compatti della sua categoria (il progetto è dei primi anni ’70) anche se la robusta costruzione in metallo incide un po’ sul peso. Utilizzarlo a mano libera non è proprio semplice: per focheggiare con precisione sfrutto l’assistente di messa a fuoco che, ingrandendo l’immagine inquadrata, esaspera ogni minimo movimento. Questo comportamento è comune quando si utilizzano dei teleobiettivi, non è invece comune la difficoltà che si riscontra nel trovare la perfetta focheggiatura.
Dimensioni, design, peso e comandi
Dimensioni: 67×127mm (diametro x lunghezza)
Peso: 510g
Diametro filtri: 55mm
Diaframma: f/4-f/32 (diaframma a 8 lamelle)
Schema ottico: 5 elementi in 4 gruppi
Anni di produzione: l’esemplare in mio possesso dovrebbe risalire al 1979 circa vista la marcatura MC (Multi-Coated) sulla cornice della lente frontale, ma la produzione dovrebbe essere iniziata nei primi anni ’70 e proseguita negli ’80.
La qualità costruttiva è elevata, ma non mi sarei aspettato di meno da uno Zuiko per il sistema Olympus OM. La gomma che riveste la ghiera di messa a fuoco ha il caratteristico rilievo a diamante che facilita la presa e che, nonostante i quattro decenni di età, è ancora in ottime condizioni. Ampia, comoda e tuttora con la giusta resistenza. Volendo essere pignoli forse è diventata appena troppo frenata.
La ghiera dei diaframmi permette di selezionare le aperture dalla massima, f/4, alla minima, f/32. Non è possibile impostare i diaframmi intermedi.
La messa a fuoco non è interna (l’obiettivo cambia di dimensione focheggiando) ma la parte frontale non ruota durante l’operazione. Ciò è utile quando si utilizzano filtri come i polarizzatori. Sul barilotto sono presenti la scala delle distanze e della profondità di campo (PdC). La distanza minima di fuoco è di 2.5m.
Il paraluce in metallo è incorporato e retrattile: una soluzione che apprezzo particolarmente sulle ottiche vintage perché spesso è difficile e magari anche oneroso reperire i paraluce originali.
Qualità d’immagine
La qualità d’immagine è il motivo che mi ha fatto desistere dal realizzare una recensione più approfondita (come sono solito fare). Sebbene non sia un’ottica che si comporta così male (tenendo comunque conto che si tratta di un obiettivo vintage adattato su una fotocamera digitale con un sensore esigente) non raggiunge un livello tale da darmi la soddisfazione che cerco.
Fin da subito ho sperimentato una certa difficoltà nel trovare il punto preciso di fuoco, anche a un diaframma come f/5.6 che di solito è un buon compromesso fra qualità e luminosità (adattando l’obiettivo su un sistema digitale).
Utilizzo sul campo
Negli scatti sul campo mi sono concentrato per lo più su paesaggi, a volte unendo in postproduzione due scatti per ottenere dei formati panoramici. Con un po’ di impegno sono riuscito a ottenere immagini accettabili, ma i file di partenza non mi hanno entusiasmato. Un po’ di tempo fa recensii lo zoom Olympus Zuiko 75-150mm, sempre per il sistema OM e ricordo che nel complesso si comportò meglio.
Test in condizioni controllate
Siccome non è stato facile tenere traccia dei diaframmi utilizzati e, il più delle volte, ho scattato a mano libera, ho voluto escludere che la qualità non eccezionale che lamentavo derivasse da comportamenti attribuibili a miei errori perciò ho fatto anche un test in situazione controllata. Fotocamera su cavalletto, scatto temporizzato e soggetto a una distanza prossima ai tre metri.
Il risultato ha confermato quanto accaduto nell’utilizzo reale. Stessa difficoltà nel trovare il punto di fuoco: l’immagine non è mai così netta, nonostante la ghiera della messa a fuoco permetta una certa precisione. A livello di resa devo dire che si ha una buona omogeneità su tutto il fotogramma, in particolare da f/5.6 in poi.
Il diaframma con la resa migliore è f/8, seguito da f/11. Tutti gli altri diaframmi mostrano per lo più una resa piatta, senza guizzi in un senso o nell’altro.
Vignettatura
Si nota un po’ a tutta apertura, scompare quasi subito.
Aberrazioni cromatiche
Il vero punto dolente: se la qualità non è nulla di eccezionale, le aberrazioni cromatiche sono fastidiose.
Non mi sono soffermato a indagare distorsioni ottiche (che comunque non mi sembrano degne di nota) bontà dello sfocato e non ho fatto test per i riflessi in controluce e per la resa della stellina.
Conclusioni: a chi consiglio lo Zuiko 200mm f/4
Gli appassionati del sistema OM saranno interessati tanto all’Olympus Zuiko 200mm f/4 quanto alla versione meno luminosa ma ancora più compatta: il 200mm f/5. Quest’ultimo, tra l’altro, ha il diametro della filettatura sulla parte frontale del barilotto da 49mm, più comune tra le ottiche Zuiko OM rispetto a quella da 55mm della versione f/4. La qualità costruttiva e dei materiali, nonché la loro robustezza e la meccanica ben progettata hanno fatto sì che reggessero bene i decenni.
Lo trovo potenzialmente interessante anche per chi ha un budget limitato e non disdegna l’uso di obiettivi completamente manuali. Come ho già detto non è che la sua resa sia così tremenda, solo che non lo trovo al livello di altri obiettivi dello stesso periodo, per lo meno utilizzandolo su una digitale esigente come la Sony A7R III. Se mi seguite sapete che per me un obiettivo di questo tipo non deve né essere perfetto né ultra-nitido, ma secondo i mie criteri soggettivi di valutazione questo 200mm non è adatto ai miei scopi.
Nota di chiusura
La difficoltà principale che ho incontrato nel valutare l’Olympus Zuiko 200mm f/4 è stata la mancanza di termini di paragone. Mesi fa avevo cercato online recensioni e pareri che però sono pochi e anche discordanti. Il dubbio che mi resta è se sia il mio esemplare a essere riuscito peggio oppure se il comportamento sia effettivamente quello che ho riscontrato. Alcuni aspetti della valutazione di un’ottica sono poi sfuggenti, a meno di non impiegare strumenti di misurazione adeguati e di farlo in condizioni comparabili. La valutazione della qualità d’immagine che ho riportato è soggettiva: ho usato come riferimento altri obiettivi coevi che ho provato, ma resta pur sempre soggettiva e pratica. Mi sentirei di escludere che il mio esemplare sia danneggiato, rovinato o malfunzionante, sia perché il venditore esegue sempre alcuni controlli sia perché, alla vista e nell’uso, non ho notato nulla di palesemente problematico.